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L’Askos tornato a casa, con un messaggio, il canto della sirena in un documentario di Antonio Martino

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In lavorazione il film scritto con Francesco Mollo e prodotto da Lago e Solaria  con il sostegno della Calabria Film Commission.

CATANZARO :: 30/08/2022 :: Esiste un piccolo drappello di carabinieri che, da anni, combatte contro chi scava illegalmente ma anche contro i più importanti musei del mondo, che vanno orgogliosi della propria collezione di reperti archeologici di origine magnogreca o romana: perché, spesso, molti dei pezzi esposti sono stati acquistati illegalmente sul mercato clandestino, alimentato da traffici che hanno origine nelle regioni del Centro e del Sud Italia, e dunque anche in Calabria.

Emblema di questo saccheggio è l’Askos di Strongoli, l’antica scultura bronzea, databile tra il 480 ed il 450 a. C. che i carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio artistico di Cosenza, dopo una lunga indagine, hanno ritrovato e riottenuto dal J. Paul Getty Museum, in California.  La piccola scultura bronzea, alta circa 20 centimetri, che ha la forma di una sirena, mitica creatura, per metà umana e per metà uccello era stata trovata a Strongoli negli anni 80 durante uno scavo clandestino.
L’Askos di Strongoli è rientrato in Italia nel 2007 dopo l’accordo tra il governo italiano e il Paul Getty Museum che ha restituito altri 40 reperti detenuti illegalmente.
Ma a fronte di qualche successo, il lavoro di recupero del patrimonio è tutt’altro che facile. In molti casi, anche di fronte alle schiaccianti prove della provenienza illegale del reperto esposto, i musei stranieri non restituiscono i beni.

È in lavorazione in questi giorni, proprio in concomitanza della apertura della nuova campagna di scavi a Strongoli, il documentario “Askos – Back Home” diretto dal regista Antonio Martino, scritto con il giornalista Francesco Mollo e prodotto da LAGO Film e Solaria Film con il sostegno della Calabria Film Commission e il placet dell’Arma dei Carabinieri e della direzione Musei delle Calabria del Ministero della Attività e dei Beni Culturali.

Dedicato alla ricostruzione della vicenda dell’unguentario di Strongoli – che dalla terra di Murge è tornata al Museo Archeologico di Crotone, passando per Svizzera e Stati Uniti – il film affronta anche l’antico conflitto tra tradizione e modernità, tra patrimonio storico e progresso tecnologico; tra radici e futuro.

«Ammaliati dal canto della sirena del progresso e del consumismo – dice il regista – i calabresi hanno trascorso l’ultimo secolo a rimuovere l’idea di povertà e arretratezza e, con esse, anche il passato: il desiderio di modernità ha travolto tutto, recidendo le radici e distruggendo anche le vestigia di una antica modernità: quella magnogreca».  
«Questo bisogno di affrancamento dal vecchio ha coinvolto anche la storia della regione, antica e moderna. L’imperativo della modernizzazione turbo-capitalista ha completamente travolto il territorio: le infrastrutture viarie, la meccanizzazione dell’agricoltura, l’industrializzazione hanno devastato ampie aree ricche di tracce magnogreche, romane e bruzie. E su ciò che è rimasto ha operato più l’archeologia illegale dei tombaroli che quella ufficiale della Soprintendenza. Nella quasi indifferenza o nel consenso della popolazione non informata del potenziale di sviluppo che da questo settore avrebbe potuto derivare alla Calabria, che invece ha continuato a inseguire modelli di modernizzazione “esterni”».

ALTRE INFORMAZIONI

Antonio Martino

Autore e regista

Antonio Martino è vincitore del Premio Produzioni Indipendente Ilaria Alpi 2007 (con Gara de Nord_copii pe strada), è un filmmaker laureato al DAMS – Università di Bologna. Dal 2005 dirige film documentari d’autore su temi ambientali, sociali e politici: “Valentin, figlio d’Europa” (2019, documentario è andato in onda su Doc3 | Rai3 e sul programma 25 Nuances De Doc sul canale France 2); “Abu Salim – Freedom is not cheap” (LibIa, 2017);  “The Black Sheep” (Libia, 2016, trasmesso da Doc3 | Rai3); “Quello che resta” (Bosnia, 2014); “Isqat al Nizam_ai confini del regime” (Siria, 2012, coprodotto da Doc3 | Rai3) ; “Nìguri” (Italia, 2009); “Be water, my friend” (Uzbekistan, 2009); “Pancevo_mrtav grad” (Serbia, 2007);  “Gara de Nord_copii pe strada” (Romania, 2005).

Francesco Mollo

Autore

Francesco Mollo è autore e giornalista professionista. È fotografo freelance corrispondente delle agenzie foto-giornalistiche Fotogramma e Agf Foto e videoreporter per l’agenzia AdnKronos. Si è sempre occupato di tematiche sociali. Vive e lavora tra Berlino e Joggi (Cosenza) Nel 2014 per Lago Film ha scritto il documentario “Mix Up” (per la regia di Alessandro Gordano), che racconta di quattro donne rifugiate nelle loro cucine mentre provano a riallacciare i fili delle loro vite spezzate attraverso le tradizioni culinarie dei loro paesi di origine. Nel 2021 è stato aiuto regia per il documentario “Il tempo rimasto” di Daniele Gagliano (prodotto da Zalab).

LAGO Film

Casa di produzione e distribuzione cinematografica calabrese

LAGO Film nasce con l’intento di promuovere e valorizzare la cinematografia calabrese.

Ha infatti prodotto alcuni lavori di registi calabresi come: i documentari ”Redemption Song” di Cristina Mantis, “Mix Up” di Alessandro Gordano e il cortometraggio “Lo Sport Nazionale” di Andrea Belcastro.

Ha poi curato la distribuzione del film opera prima di un’altra autrice calabrese Francesca Olivieri, “Arbëria”, distribuito in oltre 20 sale sul territorio nazionale e attualmente visibile su Netflix oltre che sulle piattaforme on demand di Amazon Prime, Chili, The Film Club e Google Play e Vimeo.

Ha curato inoltre la produzione esecutiva di altri due autori calabresi Mario Vitale e Francesco Costabile agli esordi alla regia rispettivamente con i film “L’Afide e la Formica” e “Una Femmina”.

Ha poi curato la produzione esecutiva di altri film come “The White Flower”, “GlassBoy” e del documentario “It Will be the Chaos” di Lorena Luciano e Filippo Piscopo, prodotto Film2Productions di New York in collaborazione con HBO, e ora distribuito sulla piattaforma Netflix.